C’è chi ama andare a teatro, chi ama andare al cinema, chi ama volare, chi ama il pallone, c’è poi chi come me ama la bicicletta.
Secondo il mio modesto punto di vista, la bicicletta è bella per quello che ti può dare. Ti fa stare bene, ti dà la possibilità di sentire, di parlare, di vedere il mondo da un’altra angolazione.
La bicicletta ti fa tornare indietro nel tempo, ti fa tornare ragazzo.
Tristezza, attacchi di malinconia?…
Inforco la mia bici e fin dalle prime pedalate ho l’impressione che un velo si squarci. Non c’è cosa migliore di qualche colpo di pedale per superare le piccole sofferenze quotidiane.
Quando pedalo (parlo per me) riesco a pensare, riesco a stimolare la fantasia di voler fare.
Amo questo mezzo più di qualsiasi altra cosa al mondo dopo i miei figli. Mi ha aiutata nei momenti più bui e difficili della mia vita e lo sta facendo tutt’ora. Girano le sue ruote e i suoi freni rallentano, non chiede niente tranne di essere usata e conservata.
In questo mondo diventato così frenetico la bicicletta è un toccasana.
Spessissimo quando sono da sola mi trovo ad ammirare gli splendidi panorami delle Colline del Chianti; mi fermo è penso:
E SI! TU CARA MIA BICI SOMIGLI, PIU’ CHE AD UNA MACCHINA, ALL’AEREOPLANO! MI RIDUCI AL MINIMO CONTATTO CON LA TERRA E SOLTANTO LA TUA UMILTA’ MI IMPEDISCE DI VOLARE!

FIRENZE-PISTOIA 1870 rievocazione storica.
Ognuno ha i suoi MITI o forse sono semplicemente personali simpatie indirizzate verso uomini che negli anni han sempre qualcosa di fantastico da insegnare.
Se il lato narrativo del ciclismo ha preso un giorno questa direzione nella testa e contemporaneamente nel petto di chi scrive, in parte la colpa è di Loretto e della sua creatura a cronometro che in poco più di trentatré chilometri univa FIRENZE a PISTOIA considerata la corsa più antica del mondo che ha origini alla fine dell’ Ottocento, la prima gara seguita da poco più che neopatentato alla guida di un’ autovettura con Piero a fare da navigatore.
Quella mano così salda è difficile scordarsela, pareva una cesoia quando incrociava e stringeva la tua ma in cuor suo rappresentava il più dovuto dei saluti, quell’ innumerevole serie di aneddoti che usciva a raffica in ogni incontro e nelle occasioni ufficiali veniva incrementata con curiosità in successione come i vagoni del treno, come se ogni singolo istante fosse un momento prezioso per aggiungere una perla ad una collana di racconti di grande valore, le storie migliori le ho ascoltate nel corso delle sue collaborazioni con le telecronache del Giro d’ Italia a RADIORAI.
Eppure in certi casi la vita è cattiva, un uomo forte, che amava stare al centro di ogni attenzione, anche se per poco aveva conosciuto il successo in una città di successo che porta il nome di Sanremo, non tanto con le canzoni piuttosto con le volate, era da tempo costretto a combattere una malattia che lentamente disintegrava quella muscolatura potente e impediva ogni libertà di movimento.
L’ ho visto piangere senza riuscire a frenare l’ umana reazione al dolore davanti al Ballero, nella sala della Misericordia di Casalguidi, luogo dentro il quale non riesco più ad entrare e quell’ immagine m’ è rimasta impressa a lungo.
CAPOSTRADA è l’ inizio della salita che porta al Signorino sulla collina pistoiese, magari è lì che ci daremo il prossimo appuntamento, il luogo è perfetto, trampolino di lancio ideale per intraprendere la scalata verso l’ Olimpo delle leggende dove prendono posto in prima fila le tue fantastiche novelle appena abbozzate o magistralmente portate a termine che parlano di eroi intramontabili e delle loro biciclette, meglio al mattino presto, poi proseguo verso la galleria.
